Sebastiano Saglimbeni

Mantova, 1972


La grafica di Sergio Mammina mi rifà parecchio e mi spinge, pertanto, a un discorso perché, oltre ai contenuti figurali non scontati, il disegno ha una proposizione perfetta.

Questo in primo luogo. Poi il Mammina – fuori da ogni influenza culturale di provenienza avanguardista, di cui son pieni i registri della cultura – ha preso di petto, con giusti intenti contestativi, l'avanzata tecnologica, evoluzione, involuzione e morte.

La componente umana che fà ingresso è dissacrata, metamorfica, come nel grande Ovidio, ridotta a bestia che si aggira e si aggrappa a pezzi metallici freddi e «terrificanti».

Siamo con la letteratura d'arte di Mammina sul filone – se si volesse fare una posticcia catalogazione – dell'arte fantastica che tende un po' al surreale con accettabilissimi incastri di optical-art.